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Le Langhe

 

Uno dei gioielli della provincia di Cuneo sono le Langhe! Un territorio collinare che lascia a bocca aperta chi lo visita per la prima volta. Nonostante la provincia di Cuneo sia anche detta “provincia granda” per le sue dimensioni il territorio si espande in modo regolare e quindi le distanze tra i luoghi sono minime. Dal nostro B&B situato ai piedi dei monti si raggiungono le Langhe in meno di mezzora. Qui potrete ammirare le colline con i vigneti di vini pregiati come il Barolo il Nebbiolo, tanti altri vini, i tartufi e lo splendore del paesaggio. Questo paesaggio è affascinate in ogni stagione: sicuramente in primavere ed estate il suo aspetto verdeggiante invita a visitarle. D'inverno il candore della neve che copre queste colline che si perdono a vista d'occhio è emozionante. Ma forse a differenza degli altri luoghi dove l'autunno è la stagione meno intrigante, qui l'autunno è il momento più bello dove le Langhe raggiungono il massimo del loro splendore. Il periodo della vendemmia, la raccolta dei tartufi, i colori caleidoscopici del territorio e le innumerevoli manifestazione che ci sono rendono questa stagione il momento più bello per visitare le Langhe. E tra una visita ad una cantina ed un buon piatto di tajarin con il tartufo vi segnaliamo qualche luogo che vale la pena di visitare:

 

Nel 1970, l’archeologo Janigro d’Aquino iniziò una serie di scavi presso il paesino di Briaglia dove, secondo le sue teorie, dovevano trovarsi tracce di insediamenti risalenti ai Celto-Liguri, popolazioni esistenti nelle nostre vallate molte migliaia di anni prima dell’avvento dei Romani. La fatica dell’archeologo fu coronata da successo: nelle colline di Briaglia-S.Croce scoprì numerosi megaliti sbozzati a forma umana stilizzata (statue-stele), a forma di animali (fra cui un bel cinghiale) o di obelischi (menhir).

 

 

La parrocchiale della Santissima Annunù-ziata si presenta all’interno con una struttura tardo-romanica di bell’effetto, al pari del massiccio campanile della stessa epoca.

Il suggestivo interno, a pianta basilicale e a tre navate, con il presbiterio visibilmente angolato a sinistra rispetto all’asse longitudinale, è stato riportato nel 1925 alle originarie forme del gotico trecentesco. Il coevo campanile e i muri perimetrali sono caratterizzati da aperture ogivali, da robusti contrafforti e da cornici sommitali in laterizio a dentelli.

 

Uno dei punti di maggiore attrazione è il santuario dei Piloni, posto sulla direttrice per S. Stefano Roero. Dalla chiesetta di origine romanica, nella cui facciata sono inserite due steli molto antiche, si dipartono inoltrandosi nel bosco di pini silvestri e di castani, quindici cappelle con le stazioni della via crucis.

 

 

Attraverso un ampio porticato, si accede al cortile interno, dominato dal doppio scalone che, a sinistra per chi entra, porta al complesso di terrazzi del primo piano, dove si aprono diverse porte d’ingresso. L’interno è una successione di ampie camere con pavimenti a mosaico e soffitti a vela e a crociera, di cui alcuni affrescati.

Il secondo piano è raggiungibile attraverso due scale: una principale, che conduce all’appartamento, oggi abitazione privata, l’altra, secondaria, che porta alle torri.

Di particolare rilevanza nel complesso architettonico è la torre. Alta 27 metri, presenta su tutti i lati quattro ordini con fregi e archetti pensili, in mattoni i due inferiori e in pietra quelli superiori. In alto si aprono due ordini di finestre con arco a tutto sesto, di cui quelle inferiori in conci bicolori.

 

L’imponente edificio risale alla metà del XIII secolo. Nel corso del cinquecento divenne un’importante roccaforte militare, ma la configurazione attuale è in gran parte dovuta alla ristrutturazione dell’ottocento che adattò l’edificio al gusto neogotico di allora.

L’edificio è a pianta quadrangolare circondato da quattro torri circolari. La facciata ad est mantiene tutt’oggi molti elementi barocchi, su quella ad ovest c’è ancora il ponte levatoio, le finestre ogivali e la merlatura guelfa. Dallo scalone della facciata settentrionale si può godere del panorama dell’ampio parco che circonda il castello.

 

Castino può vantare ben tre monasteri: quello dedicato a Santa Maria delle Grazie è posto sulla collina di fronte, a mezza costa, tra il verde dei boschi su uno dei tanti tracciati che portavano verso Alba, quello di San Martino si trova al centro di fertili piani nei pressi del paese e infine quello posto di fronte alla chiesa parrocchiale, detto semplicemente “il Monastero”, costruito nella prima metà del 1600.

 

Il castello, costruito da Bertoldo Falletti di Alba che aveva ricevuto il luogo in feudo, nel 1225, dai Marchesi di Saluzzo, è al centro del paese ed è caratterizzato da tre torri cilindriche angolari e da un possente mastio centrale.

I Falletti, che ne furono proprietari fin verso la fine del secolo XVII, vollero aggiungere il proprio nome a quello del paese.

Noto fin dai tempi di Ottone, imperatore di Germania, agli inizi di questo millennio, nel XIII secolo ne divenne proprietaria la famiglia Falletti, che diede il proprio nome al borgo.

 

Pochi castelli possono vantare come questo un sistema di cinte murarie che, costruite in epoca anteriore al 1400, siano così imponenti e solide. Nelle sale del castello è stato allestito il “Museo di arti e mestieri di un tempo”. Aperto nel 1980, annovera circa diecimila oggetti databili dal 1600 fino al 1900. L’insieme dei reperti costituisce un vero e proprio repertorio della “cultura materiale” del Roero. Antichi carri agricoli, la casa-cucina, il lavoro della donna contadina, le botteghe del cestaio, del sarto, del bottaio, i pesi e le misure, i contenitori, i piatti, i giochi sono solo alcuni elementi di una vasta collezione razionalmente disposta.

 

 

L’edificio ha l’aspetto di una dimora del tardo Rinascimento, risultato di restauri che subì in varie epoche, nel corso del XV e XVII secolo e ancora nel 1820 e nel 1864. L’interno ospita pregevoli quadri del ’700, una bella camera barocca e volte lignee del XIV secolo.

 

 

La torre di Barbaresco fu costruita intorno al Mille per difendere l’abitato dai Saraceni. Con i lati di 9 metri che guardano i quattro punti cardinali – un’altezza di 36, due feritoie e come unico ingresso una finestra raggiungibile sistemando una scala sull’erta pendice a picco sul fiume – è la torre medioevale più grande e massiccia del Piemonte: inespugnabile quindi, e per questo contesa per secoli da Albesi e Astensi. .ricordiamo inoltre che la citta di barbaresco e le vigne che la circondano, danno vita ad uno dei vini più pregiati delle Langhe “ il barbaresco”

 

La più che centenaria casa vinicola (con circa 54 ettari vitati)  merita una visita, in particolare la Casa di caccia della Bela Rosin, che, sapientemente restaurata, conserva tutto il fascino ottocentesco.Sui velluti dei suoi salotti si consumò la tresca amorosa tra il re Vittorio Emanuele II e la bella popolana Rosa, diventata poi contessa di Mirafiori e moglie morganatica del re.

A Fontanafredda è possibile visitare: le cantine, il borgo, la villa reale, il lago e il bosco dei pensieri.

 

 

L’antico castello, detto “delle cinque torri”, fu costruito a partire dal 1429 dai Falletti di Alba sulle fondamenta di una precedente fortificazione del XII secolo. Alla “casaforte” si accedeva mediante un ponte levaotio. In età barocca venne costruita una scala esterna coperta, con affreschi di carattere architettonico e medaglioni con immagini di cavalieri. Tra i suoi ambienti, una sala d’arme, lo scalone d’onore, i saloni della Caminata e dell’affresco, il cammino di ronda. In luogo dell’attuale terrazza affacciata sulla valle del Berria, sorgeva una robusta torre. E’ l’esempio classico di struttura costruita in origine con finalità difensive e trasformata nel corso dei secoli in semplice dimora.

 

 

Il vecchio castello, gravemente danneggiato durante le guerre franco-spagnole, fu fatto in parte ricostruire su disegno dell’architetto Juvarra dal conte di Santa Vittoria Luigi Caisotti, investito del titolo di marchese di Verduno. Nel 1838 fu poi acquistato dal re Carlo Alberto, con l’intenzione di trasformarlo in azienda vinicola.

Passarono gli anni e l’edificio cadde in abbandono, finché nel 1910 fu acquistato dal commendatore Giovanni Battista Burlotto, uno dei padri del Barolo.

 

Il castello domina la rocca di Novello, alto sui vigneti e sui boschi, sicuro caposaldo visivo di questa parte di Langa, parente stretto, nelle sue forme neogotiche ottocentesche disegnate dallo Schellino, della scenografia albertina di Pollenzo.

 

 

 

IL SANTUARIO DELLA MADONNA DEI MONTI

In una splendida posizione panoramica, costruito in pietra di Langa, si fa notare per la decorazione di gusto barocco della facciata, realizzata in mattoni.

Il progetto dell’edificio è attribuito a Francesco Gallo, operante nel cuneese e nel monregalese nella prima metà del Settecento.

All’interno non conserva alcuna decorazione.

Pregevole l’altare, ultima testimonianza dell’edificio preesistente. Lo testimonia l’affresco raffigurante la Madonna in trono che allatta il Bambino, con al suo fianco San Giorgio, patrono di Niella Belbo, databile verso lal fine del ’400.

Molto bella la passeggiata che consente di toccare prima la croce eretta nel 1900 – a 830 metri di altitudine – poi la cappella dedicata a San Giovanni.

 

“Maestosa si presenta all’occhio la mole di questo edificio che alto si innalza sopra le umili case fra le quale convien passare per avvicinarvisi…”. Questa descrizione di un viaggiatore ottocentesco si adatta perfettamente all’imponente costruzione medioevale che domina Ciglié.

Il castello, ricordato fin dal 1215 come di Guglielmo dei Borghesi, apparteneva nel 1454 a Guglielmo della Torre, per poi passare al cardinale della Rovere; nel 1535 fu acquistato da Amedeo Pensa di Mondovì. Dopo il 1550 fu trasformato come dimora rinascimentale.

 

Il castello barocco di Govone è probabilmente l’unico cui abbia messo mano l’architetto Juvarra.

Fu eretto nel 1778 su quello preesistente del 1300 ed è merito dei conti Solaro la trasformazione da fortezza nella fastosa dimora attuale.

I conti Solaro affidarono all’architetto Guarino Guarini i lavori di ampliamento e di abbellimento del castello. L’architetto preparò dei disegni ma non portò a termine il progetto. I lavori ripresero un secolo dopo da parte dell’architetto Benedetto Alfieri che li ultimò partendo proprio dai disegni del Guarini.

Nel 1730 vi soggiornò Jean-Jacques Rousseau, al tempo entrato al servizio del conte Ottavio Solaro.

 

Costruito nella attuali forme nel 1660, presenta un’armoniosa facciata, cui fanno contrappunto due torricelle.

Di grande pregio è il portone barocco, grandiosi la scala d’onore e il salone delle feste con soffitti degli stemmi in gesso della famiglia Alfieri di autori stuccatori ottocenteschi di Lugano, dove spicca il bellicoso motto degli Alfieri tort ne dure.

Molto suggestivo e ben conservato è anche il Salone delle aquile, che deve il nome al soggetto, le aquile appunto, scelto per affrescare il soffitto di questa sala.

 

Ecco un altro paese con il suo imponente castello da cui prende il nome un vino importante, anzi probabilmente il vino che per eccellenza viene subito in mente parlando di Langhe

Di antiche origini – il primo corpo risale al X secolo – il castello ha subito nel corso del tempo diverse trasformazioni. Da maniero di difesa a residenza nobiliare di campagna, a rigido collegio di religiosi: ogni destinazione ha lasciato qualche traccia nelle sale del grande edificio.

Del castello colpisce soprattutto la mole, che sovrasta e quasi schiaccia il paese con la sua imponenza, immagine tangibile del potere dei signori dei luoghi.

 

complesso romanico-barocco della ex abbazia benedettina di San Martino di Marcenasco: la chiesa con facciata secentesca, abside e campanile del secolo XV.

Restauri hanno portato alla luce nell’interno della chiesa parte delle primitive colonne con basamenti in pietra e una lapide romana del I secolo d.C., infissa nel pavimento davanti all’altar maggiore.

Nell’abside sono ricomparsi affreschi cinque-seicenteschi, mentre un’altra opera più antica, rinvenuta in un locale laterale – probabilmente la chiesa primitiva – fa spostare a qualche secolo più indietro la data di nascita del complesso benedettino.